la vergogna de "sa die [...] "

Scrissi questa cosa cinque anni addietro ma, sentito il presidente della Regione Solinas ed altri sproloquiare di cotal guisa: «rievochiamo la storia con orgoglio per tenere viva la memoria del grande e glorioso popolo sardo», sarà bene ricordare A TUTTI che la “verità storica” è molto piena di VERGOGNA!   
 
Sa Die de sa Sardinna
Ciò che mi atterrisce è il sentire esservi oggi, nel 2018, l’esigenza di prendere gli accadimenti in Casteddu del 28-30 di Aprile del 1794, per celebrare, addirittura festeggiare! Qualcosa che dovrebbe essere non solo dimenticata, ma gettata A SU MUNTONARZU!
Infatti, il magnificamente riuscito sollevamento dei popolani di Stampace, portò in definitiva, alla conquista del palazzo del vicerè, permettendo però allo stesso, di fuggire e ripararsi nel palazzo arcivescovile! Decidendosi, inopinatamente, di lasciarvelo in santa pace!
Quando si fa una RIVOLUZIONE SACROSANTA, non si fanno sconti! Soprattutto al vicerè!
Questo andamento «floscio» dei rivoluzionari, ebbe anche a manifestarsi durante tutta la nottata del 28 e la giornata del 29, ponendo in essere «i più ossequiosi, accorgimenti di delicatezza» nei confronti dei funzionari piemontesi “arrestati”!
Ma, la lunga serie di cose vergognose, che rese quella rivoluzione UNA PAGLIACCIATA, presero forma il giorno della partenza, dei 514 piemontesi, il 30 di Aprile.
L’algherese Giuseppe Manno, residente a Torino, segretario personale del re Carlo Felice, membro del Supremo Consiglio di Sardegna, fra il 1825 ed il 1827 scrisse la «Storia Moderna della Sardegna». Egli, è pertanto autore il cui scritto mi sento leggere come certamente veritiero. 
Ecco spunti di riflessione, per quanto si diceva supra, che si evincono (liberamente) dal Manno:
- «apprestata quindi ogni cosa per l’imbarco, provvedeasi ancora perché a ciascuno dei pubblici officiali fosse corrisposto a saldo il proprio stipendio! Il vicerè solo, ricusava quel pagamento»!
(ndr, questo gesto grottesco, lontano dalla realtà, di concedere “agli acerrimi nemici che volevansi cacciare” il grazioso regalo in danaro, fu la plateale manifestazione di “cronica sudditanza” da parte dei maggiorenti cagliaritani! Che si arrivasse poi a pagare “anche” il vicerè, più che ridicolo ritengo fosse atto semplicemente “farsesco”!)
- «giunto l’istante della partenza, alla dignità del vicerè usavasi ogni riguardo, era con tutti i segnali esteriori di rispetto accompagnato infino al luogo dell’imbarco dalle prime voci degli stamenti, dalla nobiltà e da molti notabili del paese; ed era stata cura attenta di questi notabili che alcuna dimostrazione ingiuriosa non venisse a corrompere la serietà di tal atto».
(ndr, ecco che, il maggior responsabile delle disgraziate angherie subite dai Sardi, anziché esser portato solennemente al patibolo, stesogli il tappeto rosso, viene accompagnato alla partenza con il garbo che merita solo un buon pontefice!)
- «scendevano dal castello, nel quale aveano avuto stanza i maggiori ministri, le carra sulle quali conducevansi al porto le loro masserizie, con quelle del vicerè. La piazza che dalla porta di Villanova mette nel castello era ingombra di popolani. Fuvvi tra essi chi al vedere quell’abbondanza di carriaggi gridò con maligno animo: «Ecco le ricchezze sarde trasformate in ricchezza straniera: non giungeano qui con tanto peso di bagaglie o con questa dovizia di guernimenti; assottigliati ci veniano e scarsi, quelli che oggi si dipartono con fortuna così voluminosa. Buoni noi, e peggio che buoni, se lasciamo che abbiano il bando con questi stranieri anche le robe ch’eran nostre».
(ndr, ora, essendo i Piemontesi mezzo migliaio, più il copioso seguito del vicerè, è probabile che i mezzi stracolmi d’ogni ben di Dio, sian venuti a formare una lunghissima fila d’UN CENTINAIO DI CARRI!)  
- «Parole maligne, ma erano parole penetrative perché era da lungo tempo propagata la credenza che la Sardegna fosse l’America dei Piemontesi. E molti di quella grossa gente corsero furibondi ad attraversarsi a quel passaggio delle carra, ed a levarne rumore. Il momento era terribile, e già gli animi si accaloravano, e già minacciavasi ruba e bottino».
(ndr, il popolo di Casteddu e dintorni, come qualsiasi popolo che avesse vissuto quella vicenda, stava per annientare l’ultima ruberia dei Piemontesi! Ma ne fu impedito, indovinate da chi?)
- «Le carra erano ora colà immobili, e le grida “Abbasso le robe” innalzavansi sempre più violente.
Giungeva la triste nuova ad alcuni notabili del paese, che affrettavansi a precipizio ad acchetare quei farnetici. I maggiorenti erano: il marchese di Neonelli, l’avv. Bernardo Pintor, ai quali si unì il capopopolo Vincenzo Sulis».
(ndr, ne fu impedito dai soliti notabili di Casteddu! Accidenti! Lo sai, caro lettore, a chi li sto assomigliando per il loro paradossale comportamento che rifugge ogni logica? Proprio ai governatori, assessori e consiglieri regionali, dei nostri giorni! Sempre pronti a difendere l’italietta, sempre attenti a non recarle offesa, sempre a ricevere in magna pompa, senza pretendere il giusto, ogni pallone che arriva, anche a costo di far morire i Sardi, di malattie da uranio impoverito, di mancanza del lavoro, causa loro incancrenita incapacità a creare i presupposti concreti di meravigliosa vita futura! Tutto ciò trascurano, gli attuali maggiorenti, pur di far giungere le carra fino in continente! Dimenticavo: il capopopolo assomiglio all’omino dell’opposizione che, fatto entrare in giunta, dimentica felicemente le disgraziate condizioni di quello che fu il Suo Popolo!)