sos nurakes e le città nuragiche

mercoledì 19 settembre 2012
Sos Nurakes e le città nuragiche
di Mikkelj Tzoroddu

Abbiamo appreso da una scorreria sul web, come il signor Mario Galasso, che pare molto addentro alle “cose sottomarine”, riferisca d’aver notato anni addietro, a duecento metri dalla riva, di fronte all’insediamento nuragico di Sant’Imbenia, nella Baia di Porto Conte, delle strutture circolari alte qualche decina di centimetri, poste ad una profondità di m. 2,5, che gli fecero pensare ad abitati nuragici (egli li chiama capanne nuragiche). Prendiamo atto (con ritardo per nostra colpa) della segnalazione, che il Galasso dice essere stata inoltrata inutilmente alla sott’intendenza di Sassari, e noi commentiamo: povero signor Galasso, non sapeva che a dirigere quell’ufficio, pagata, ebbene sì, anche con il suo danaro, era apaticamente stanziata la sviscerata amante dei Ciprioti, altrimenti nota come Nostra Signora della Soprintendenza? Ma noi, facciamo subito nostra la notizia che riteniamo carica di conseguenze per il prosieguo della riscrittura della davvero vetusta storia del Continente Sardegna. Acquisiamo pertanto il dato del Galasso circoscritto, così come rilasciato, dai semplici dati esplicitati, però sufficienti a permetterci di affermare che: in tal caso circa nel 750 a.C., quelle strutture si trovavano allo stesso livello del mare.
Orbene, siccome il saggio uomo non costruisce nulla al livello del mare, evidentemente esso, all’atto della “posa della prima pietra”, si trovava distante da quel punto. E, siccome il Nurake è una struttura destinata a rimanere in eterno (da quel poco che abbiamo potuto capire dei Nurakes) il mare, in quella circostanza d’inizio costruzione, doveva trovarsi non semplicemente distante, ma molto distante. Ora, essendo la percezione della risalita del mare (secondo il nostro parere) molto ben presente a qualsiasi cultura umana marinara dall’Ultimo Massimo Glaciale in qua, ed in particolare negli ultimi quindicimila anni (e, aggiungiamo, soprattutto per tutta quella terra emersa che definimmo Sardegna Paleolitica nella sua sì variegata manifestazione geomorfica), era evinte ai Sardiani, che il Nurake dovesse costruirsi molto lontano dal mare, anzi e meglio, dovesse essere costruito in un luogo che risultasse molto in alto rispetto al livello del mare. E, quale poteva essere una altezza di sicurezza? Secondo un parere che abbiamo elaborato fin dalla prima occasione in cui ponemmo in essere queste elucubrazioni, non può essere meno di sette-otto metri, meglio se dieci! Consideriamo però, come ciascun sito abbia le sue peculiarità e questa non può considerarsi pertanto una regola generale.
Bene, se prendiamo il luogo nominato dal Galasso e guardiamo (sulla carta nautica) verso il mare aperto, ci accorgiamo che a circa un miglio marino (m. 1852) trovasi l’inizio del limite di profondità proprio dei dieci metri, il che significa (a nostro parere) che del complesso che fa capo al Nurake di Sant’Imbenia, fu iniziata la costruzione prima di 4500 anni fa. Ma, quanto prima? Beh, noi crediamo che, per la Baia di Porto Conte, una altezza sul livello del mare di assoluta sicurezza, per quei tempi, dovesse essere rappresentata dai venti metri. E, sì, il limite di tale profondità trovasi a circa 1,5 miglia marine cioè a circa m. 2778 dal punto indicato dall’ormai nostro signor Galasso. Ed, in tale corrispondenza, in termini temporali, siamo andati indietro di circa 7000 anni dall’oggi. Quindi, l’inizio della costruzione dela struttura che fa capo al Nurake di Sant’Imbenia, può essere avvenuta anche settemila anni fa. Con buona pace delle asfittiche intellettualità che sono ancora ferme all’adorazione dei 3500 anni fa, senza aver mai, assolutamente, effettuato una pur minima ricerca per verificare e confermare tale data: essa fu rilasciata dall’obnubilato sapere di qualcuno e fu semplicemente fatta propria da tutta quella congerie di nanetti che stettero per decenni, ma ancora sono, accovacciati ed imploranti sotto il tavolo, a nutrirsi delle poche briciole di cultura che il caso fa loro cadere addosso. Si tenga presente che nel contributo scritto per questo blog nell’ottobre 2011 abbiamo scritto, suscitando il più negligente disinteresse (chiediamo venia per il voluto pleonasmo), essere nostra opinione (che ci deriva da una precisa elucubrazione su alcuni dati molto più circostanziati di questi buttati giù in un attimo senza prenderci nessun tempo, se non per dare un’occhiata qua e là) che la datazione del primo Nurake dovesse essere posta prima di ottomila anni fa, il quale dato si avvicina, guardate un po’, a quello testé scoperto!
Ergo, il momento in cui gli incapaci immaginano di far arrivare qualche straccione da qualsiasi dove (intorno al 1000 a.C.), proprio nella progredita città nuragica di Sant’Imbenia, quel popolo Sardiano, Grande Maestro Dell’Architettura, era ivi stanziato da moltissimi secoli, forse anche quaranta!
Caro ed attento lettore, considera un po’ se questo dato (che crediamo posto molto vicino alla realtà, il quale siamo disposti a discutere (magari fosse) con chicchessia) possa ancora permettere, a quei taluni, che tu profumatamente paghi perché ti diano onesta contezza di un lavoro intelligente, ben impostato, scientificamente condotto, senza badare a soddisfare nepotismi mentali, di raccontare amenità, dannose per te e per la riscrittura della storia della tua isola, ma certo utili a puntellare i loro ormai traballanti scranni. 
(e como sikimus)

Cara Silvia (qui mi riferivo, in una missiva cara’elibbrica, a Silvia Marceddu Graziano nel Marzo del 2016), più o meno cinque anni addietro, proprio alla data di pubblicazione dell’articolo del Johnson da te menzionato, sulla base di un volo sensibile su Sant'Imbenia che nacque da  un solido “dato concreto”, ebbi a fare la seguente elucubrazione:
1) il sig. Mario Galasso (quello menzionato supra)  ha una professionalità settoriale che mi evita di dubitare ch’egli abbia preso un abbaglio. 2) i duecento metri indicati dal Galasso, sommati ai cinquecento che separano la torre nuragica di Sant’Imbenia dalla riva del mare, danno un risultato di settecento metri! Ora, la canonica disposizione delle abitazioni nuragiche non è assimilabile ad una sottile lingua di edifici, ma piuttosto ad un insieme corposo ed accorpato di costruzioni che si indirizzano in tutte le direzioni; compiutamente rimarchiamo che, una distanza di settecento metri dal Nurake dell’ultima costruzione potrebbe  dar luogo, ove l’altro lato della figura che compone l’intiero insediamento fosse “anche solo la metà”, cioé trecentocinquanta metri, ad un insediamento, o sito "omnicomprensivo" cui ci si riferiva per Sant’Imbenia,  ESTESO INTORNO AI 25 ETTARI!
Altro che "il misero ettaro", elemosinatoci da quel tal Paul S. Johnson dell’università di Nottingham  (come riportato nell’articolo pubblicatogli da Africa Romana, 19, nel 2012) dal titolo «Sant’Imbenia: Geophysical Survey in the Environs of the Nuraghic Settlement»!  Del quale la parte più strettamente pertinente al contesto di cui quì si discute, così recita: «[…] If the pattern of settlement suggested by the survey results is continued in a comparable manner, with the Nuraghe as the centre-point, the total extent of the settlement may cover an area of approximately one hectare».  Il che vale a dire: «Ove il modello dell’insediamento suggerito dai risultati dell’indagine continuasse in maniera paragonabile, con il Nurake quale punto centrale, la totale estensione dell’insediamento potrebbe coprire un’area di circa un ettaro».
Accidentaccio! Che fenomeno questo figlio di Giovanni! Un ettaro per Sant’Imbenia, ch’è un’insediamento ritenuto fra i più importanti del Mediterraneo! E siamo ad appena ieri, 1000 anni prima di Cristo!  Si pensi che nell’Aceramico A gli stanziamenti umani erano DI GIA’ estesi 2-3 ettari!  Ma, stiamo in un momento che precede Sant’Imbenia di un salto temporale pari a circa 8500/7500 anni!  
Bene, cari Lettori. Ritengo che rifarsi «ad cakium», a ciò che passi di sfuggita per la mente ai tizi che «CONOSCONO ASSOLUTAMENTE UN BEL NULLA» della Preistoria e Storia Antica della Sardegna, sia estremamente più dannoso, pel faticoso impegno tendente a portare in luce LE NOSTRE BEN SOLIDE ANTICHISSIME VERITA’, dei certamente ridicoli scritti di tali tizi che vengono persino accolti in “Africa Romana”, dimostrandocisi col ciò, che anche le cose belle hanno una scadenza!
Pare la suddetta operazione «cakiumistica», conscia ed inconscia, asservita al generalizzato, clamoroso vile nascondimento!  Del resto, il figlio di Giovanni, non ha alcuna dimestichezza con la nostra cultura: 1- è esperto di  “urbanistica romana”! E non ho alcun commento da fare su di ciò! 2- ha consuetudine pari a zero con il vocabolo-aggettivo “nuragico”! Il quale, infatti, vien da esso citato  come “nuraghic”, denotando ciò persino la mancanza di una semplice frequentazione via posta elettronica con suoi colleghi sardi! Questo signore ha semplicemente sfogliato dei libri, senza essersi mai calato nella realtà che cercava di visualizzare! Figurarsi a chi può venire in mente di citare il nullasapente signor Paolo! Credo, soltanto a chi è altrettanto inconsapevole della multi variegata, plurimillenaria Storia della Nostra Isola!