POSTFAZIONE: Breve cenno sulla popolazione della Sardegna

Postfazione
Breve cenno sulla popolazione della Sardegna   (da "kircandesossardos", 2008)

Abbiamo appurato che una grande organizzazione industriale come
quella descritta nell’ultimo capitolo, rimasta in essere per un
tempo lunghissimo, doveva essere necessariamente sostenuta da
un grande popolo, con una pressoché perfetta organizzazione sociale,
di composizione numerica notevole, la cui opulenza doveva
essere diventata proverbiale. Abbiamo anche visto come tali attività
perdurassero fino a ridosso dei tempi classici.
In questa luce riteniamo prive di fondamento le cifre sulla popolazione
della Sardegna riportate nei testi di recente edizione. Infatti
ancora oggi si scrive su tale tema, in base ad un’inferenza di
Carlo Giulio Beloch, dichiarata 120 anni addietro nella sua Bevolkerung,
in cui si riportava che gli abitanti della Sardegna fossero,
allo scadere dell’ultimo millennio a.C., 250-300.000.279
Ma vi furono autori che, prima dello studioso prussiano, stilarono
una loro ipotesi sulla consistenza abitativa della nostra isola per lo
stesso periodo.
Il primo che ricordiamo fu F. Gemelli280 che calcolò con 50 pagine
di varie argomentazioni, tra cui quella relativa alla produzione
del grano, in 1,8 milioni gli abitanti dell’isola.

note
279J.K. Beloch -1909- La popolazione del mondo greco-romano, in “Biblioteca
di Storia Economica”, Società Editrice Libraria, Milano, Vol. IV, passim e cap.
X, pp. 399-400.
280 F. Gemelli -1776- Rifiorimento della Sardegna proposto nel miglioramento
di sua agricoltura, Briolo, Torino, Libro primo, Capo secondo fino al quarto.
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Tale dato fu accettato anche dal Manno nella sua Storia di Sardegna,
e suffragato da pertinenti argomentazioni.
Successivamente P. Castiglioni prendendo, prima del Beloch,
come riferimento di calcolo le 80.000 unità di Tiberio Gracco, ma
avendo considerato tale cifra in riferimento solo a due delle cinque
popolazioni dell’isola, sfruttando parametri moltiplicatori diversi,
ricava una popolazione di 3 milioni di abitanti.281 
Anche E. Pais dedicò alcune pagine all’argomento ma non azzardò
calcoli e dedusse il dato rifacendosi ad indicazioni di Diodoro
e Seneca, sulle quali ritenne di approssimare la popolazione della
Corsica a 100.000 unità. Da qui incredibilmente dedusse: «ove si
tenesse presente che la Sardegna ha una popolazione circa tre volte
maggiore di quella della Corsica, si verrebbe alla conclusione
che anche nell’età romana accolse in media non meno di 300 mila
persone».282 Tale metodica approssimativa si spiega in questi termini:
egli non apprezzò il lavoro del Beloch, infatti nei riguardi
della Bevolkerung dichiarò: «peccato che in quest’opera le congetture,
talora eccessive, predominino sui dati positivi e sicuri»,283
ma nello stesso tempo dovette condividere il dato dichiarato dal
prussiano sulla Sardegna e prudentemente ritenne che affiancandosi
ad esso, sarebbe stato al riparo da ogni critica. Pertanto egli
condusse abilmente una diversa riflessione, avendo l’obiettivo di
arrivare alla stessa cifra del Beloch, ma abbiamo visto, anch’egli
per il tramite di “congetture, talora eccessive”.284
Ma i dati generali del vissuto sardiano riportati più sopra, con
l’osservazione delle condizioni di base, su cui dovette svilupparsi

note
281 P. Castiglioni -1858- Censimenti dell’isola di Sardegna sino al 1848, in
“Censimento degli antichi stati sardi”, Stamperia Reale, Torino, Vol. I, p. 259.
282 E. Pais -1923- Storia della Sardegna e della Corsica durante il dominio romano,
anastatica Trois, Cagliari, Vol. II, p. 560.
283 E. Pais -1923- Op. cit. Vol.II, p. 557.
284 Oltre mezzo secolo più tardi si consumava un’altra ipotesi vicina a quella del
Pais; sempre sui dati dello storico siceliota e del filosofo iberico, il Meloni dette
possibile la cifra di 150 mila anime; egli registrò questo dato dopo aver fatto
menzione della cifra belochiana: P. Meloni -1990- La Sardegna romana, Chiarella,
Sassari, pp. 106-7.
pag.176

la consistenza industriale del comparto alimentare ittico, ci spingono
a dichiarare che l’entità della popolazione sardiana non poté
essere così risicata, come stabilita da ultimo dal Pais, ma dovesse
essere almeno dieci volte maggiore. E certo i dati ricavati dal
Gemelli e dal Castiglioni si orientano verso la nostra posizione.
Torna a favore di questa che ora è soltanto una proiezione, anche
l’analisi del percorso bizzarro che ha portato il Beloch a tale risultato,
proprio lui che accusa il Nissen ed il Castiglioni di dichiarare
cifre “campate in aria”, per quanto attiene i dati da essi pubblicati.
Bene, i seguenti tre parametri, molto significativi di una sua incapacità
a porre in discussione le proprie certezze, e chiara spia di
una totale mancanza di volontà nel produrre prove responsabili di
quanto affermi, egli porta a sostegno della cifra dichiarata:
1) – «è di ciò indizio (cioè il numero così basso di abitanti) […] la
facilità con cui i Romani pervennero a […] mantenere il dominio
(della Sardegna)».
Già qui cominciamo a nutrire seri dubbi circa la sua buona conoscenza
della storia della Sardegna. Ben al contrario dei suoi flebili
ricordi, le fonti raccontano che, a fronte della generalità dei popoli
che caddero in breve o brevissimo tempo, essa fu infatti l’unica
nazione, fra quelle che confluirono sotto l’influenza romana, a
portare una feroce guerra all’Urbe per almeno 127 anni e che per
circa altri cento anni, continui violenti atti di guerriglia da parte
dei Popoli sardi, turbarono gravemente la tranquilla vita
dell’Urbe. Infatti Roma rinunciò alla conquista delle zone interne,
le cui popolazioni, solo dopo il trascorrere di generazioni, accettarono
una condizione di assoluta pacata tranquillità, certo influenzata,
a vari livelli del vivere quotidiano, dalla incombente presenza
romana.
2) – «se la Sicilia […] contava sotto Augusto poco più di 600.000
abitanti, la popolazione della Sardegna potremo al massimo farla
ascendere alla metà di questa cifra».
Egli ovviamente, dall’alto della sua cattedra di storia antica
nell’Ateneo romano, ritiene superfluo e non si prende la briga di
spiegare su quali basi faccia tale deduzione, lasciando il lettore nel
pag.177

buio più totale. Ebbene, parafrasando lo stesso autore in un suo rivolgersi
al Nissen, diremo che egli ha qui “oltrepassato il limite, in
cui la scienza cessa e comincia l’opinione soggettiva”.285
3) – «Tiberio Gracco […] nel 177 a.C. […] vantava nel suo trofeo
d’aver uccisi o fatti prigionieri circa 80.000 nemici […] codesto
dato s’accorderebbe quindi benissimo con una popolazione assoluta
di 300.000 abitanti».
Anche qui il demografo manifesta esatta la misura della sua mancanza
di dati, lasciandoci solo delle illazioni personali di nessun
peso scientifico.
Infatti:
– prende i dati presenti nella targa del tempio della Mater Matuta, e li
tratta alla stregua di risultati di un censimento (d’età repubblicana)
– tratta il “continente Sardegna” come fosse stata “una città” che
avesse messo in campo tutti quanti i suoi civium capita, cioè la
somma totale degli uomini adulti, oltre i 16-17 anni, atti alle armi
– considera 80.000 come il dato di un censimento ed usando un
moltiplicatore, 4,0, ottiene 320.000, cifra che reputa vicina alla cifra
che vedemmo sopra, dimenticando che il moltiplicatore che egli
è solito usare è 4,5 (come ebbe a rimproverare al Nissen, che ne usava
uno di 5,0) e che pertanto la cifra risultante sarebbe 360.000,
che è di per sé superiore, a quella dichiarata, di ben il 20%.286
Bene, tutto ciò ci costringe a dichiarare che:
quanto messo in campo, nell’occasione, dall’esimio storico è sublime
manifestazione di una tale disarmonia nel procedere, che
non fa certo onore né allo studioso, né allo storico, né alla scienza
demografica.

note
285 D’altro canto dobbiamo rilevare come il dato riportato dal Beloch sulla Sicilia
sia del 62,5% inferiore di quello del Rufinesque-Schmalz e del 58,6% rispetto
a quello dell’Holm, vedasi A. Holm-1909- La produzione granaria della Sicilia
nell’antichità nei suoi rapporti con la popolazione, in “Biblioteca di storia economica”,
op. cit. Vol. IV: 601-612, in questo studio l’Holm dimostra
l’inconsistenza critica dei risultati del Beloch.
286 Per dare un senso corrente allo sproposito statistico appena evidenziato, si pensi
quanto grave oggi sarebbe, definire l’Italia un paese di 68 milioni di abitanti.
pag.178

Ma vogliamo entrare nel merito dell’unico dato su cui si è basato
lo studioso prussiano per trarre anche noi delle deduzioni in proposito.
Il Beloch sembra ignorare che il console Tiberio Sempronio
Gracco andò a combattere contro un esercito formato da Iliensi, al
quale si era unito un contingente di Balari.287 Quindi il console
romano, ben lungi dal combattere contro gli eserciti, che tutte le
popolazioni e città della Sardegna avrebbero potuto organizzare,
combatté invece contro l’esercito messo a punto da due, dei tanti
popoli della Sardegna.
È opportuno notare come, in riferimento alla popolazione dell’isola,
gli autori antichi ci trasmettano molto significative indicazioni:
– nel II sec. a.C., il già ricordato passo nelle Storie di Polibio in cui
prima egli la dichiara: «isola eccellente […] per l’abbondante popolazione
», poi completa il suo pensiero aggiungendo: «ma poiché
molti scrittori l’hanno descritta particolareggiatamente, non ritengo
necessario ripetere le stesse cose su cui c’è unanime accordo», facendoci
edotti circa un’altrimenti ignota consuetudine degli autori
classici che lo hanno preceduto, a discettare concordemente (anche)
sulla grande popolazione della Sardegna. Nessuno potrà negare infatti
che, ove si trovi in presenza di una conoscenza straordinaria,
qualsiasi storico vorrà manifestare la sua meraviglia, raccontando
un fenomeno che reputa assolutamente fuori della norma, quale
dovette essere la esorbitante popolazione della Sardegna!
– nel I sec. d.C., Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia riporta
la presenza di 18 oppida
– nel II sec. d.C., Tolomeo nella Geographia fornisce un numero
netto di città pari a 22
– nel VII sec. d.C., l’Anonimo Ravennate nella sua Cosmographia
afferma: “si dice dell’isola di Sardegna che avesse moltissime città”
ed inoltre dobbiamo considerare che:

note
287 Tito Livio - Ab Urbe Condita, XLI, 6, 12, 17, 28.
pag.179
 
– nell’antichità le città marinare della Sardegna erano dodici. Si
pensi come oggi le città che ad esse si possano paragonare siano
la metà
– la quantità dei popoli abitatori dell’isola. In relazione a questo
dato, facciamo riferimento ai popoli della Sardegna romana, elencati
dai tanti autori antichi e riassunti in un numero vicino a 50.288
Bene, se ora, come promesso, volessimo calarci nel contenitore
della universale accettazione, cui sono andati incontro i dati ricavati
dal Beloch, e prendessimo per buoni i suoi numeri, avremmo questi
risultati:

Primo metodo

Per esempio, vogliamo conteggiare la popolazione della Sardegna
romana, che il Beloch reputa uguale a quella del II sec. a.C., ed
usiamo come base per il calcolo, appunto, il numero degli abitanti
di due di essi, 300.000 (qual è il risultato del Beloch), ed il numero
dei populi, 50. Certo i due popoli degli Ilienses e dei Balari
rappresentano le due entità etniche cui più frequentemente si richiamano
gli autori antichi, ma non per questo esse saranno state
le più numerose. Infatti a giudicare dai territori da esse occupati,
per quanto si evinca dai testi classici, vediamo come tali territori
non fossero più estesi, o presumibilmente più fertili, di quelli occupati
dagli altri populi.289 Reputiamo che nella loro totalità, se
alcuni populi (per seguire la terminologia dello Zucca) saranno
stati più numerosi, ve ne saranno stati altri con un numero di abitanti
inferiore, ma poiché non conosciamo il comportamento
d’ogni singolo elemento, reputiamo corretto adire un puro calcolo
di statistica fisica, per conoscere, in un dato momento, il comportamento
dell’intero insieme dei populi di Sardinia.
Pertanto, prendendo i due parametri appena evidenziati e moltiplicando
il numero di abitanti della singola popolazione (150.000) per

note
288 R. Zucca -2005- Gli oppida e i populi della Sardinia, in “Storia della Sardegna
antica”, op. cit.: 205-332.
289 R. Zucca -2005- Op. cit., pp. 306-307, Fig. 35.
pag.180

il numero delle popolazioni (50) abbiamo come risultato una popolazione
della intera Sardinia romana pari a 7,5 milioni di abitanti.
Bene, noi come qualunque serio studioso, non siamo in grado di
pronunciarci in merito; non possiamo reputare tale cifra
un’amplificazione oppure un’attenuazione della reale consistenza
degli abitatori di quella Sardegna. Certo abbiamo preso gli stessi
dati del Beloch, ma soffiando via la nebbia che li avvolgeva ed
inserendoli in un processo deduttivo ben più concreto, abbiamo
ottenuto questo crudo risultato.
Ci piace però fare una considerazione.
Il lavoro sin qui svolto è permeato di sostanziali elementi che
cancellano dal sapere acquisito nelle aule adibite all’insegnamento
della storia le polverose e mai dimostrate conoscenze sulla nostra
isola. Gli accadimenti che hanno visto i Sardiani quali preponderanti
protagonisti nelle innumerevoli imprese del loro lunghissimo
vissuto, come le imprese industriali legate all’ossidiana,
le imprese tecnologiche legate al bronzo, le molteplici imprese
industriali or ora denunciate, poste in essere per l’ottenimento di
un prodotto conservato derivante dalla pesca, le sovrabbondanti
imprese militari condotte dal Mediterraneo occidentale alla Mezzaluna
Fertile, non potevano che essere sostenute da una rigogliosa,
ben nutrita, orgogliosa e sovrabbondante popolazione.

Secondo metodo

Sposiamo pure la filosofia messa in atto dallo storico tedesco nel
ricavare i numeri.
Egli fa riferimento al dato inserito nella targa apposta nel tempio
della Mater Matuta da Tiberio Sempronio Gracco. Crediamo che
tale numero sia certamente amplificato perché servito a spingere
il senato a concedere il trionfo. I dati giunti da Livio forniscono
un numero totale di soldati perduti dai Sardi in 27.000 ma, pur
credendo ad un’amplificazione dei dati della fonte annalistica e
che Livio possa aver trasmesso solo una parte dei fatti accaduti,
ammettendo per assurdo che anche questi ultimi narrino di una
pag.181
 
sconfitta dei Sardi, ci sentiamo di eseguire una sorta di estrapolazione.
I dati a disposizione sono 27.000 e 80.000 ed essi sono entrambi
dei dati falsati, ma un numero che stesse al centro parrebbe
rispondere alle due esigenze di fare giustizia di una eventuale
mancanza di dati proveniente dagli annalisti, e di una possibile
amplificazione del numero da parte del console.
Bene, non abbiamo altro modo per dedurre da tale contesto il dato
mancante se non attraverso la media aritmetica dei dati a disposizione,
ottenendo un numero pari a 53.500, rappresentando esso il
numero dei caduti o prigionieri fra Iliesi e Balari nelle campagna
del console. Tale numero, diviso per due, il cui risultato è 26.750,
ci fornisce il dato per ciascuna popolazione della Sardinia, che
rappresenta il numero dei civium capita, cioè la somma totale degli
uomini adulti, oltre i 16-17 anni, atti alle armi, seguendo appunto
il metodo del Beloch.
Moltiplicando tale ultimo dato per il moltiplicatore belochiano
“4,5” ed il risultato per il numero delle popolazioni attestate storicamente
in Sardinia, otteniamo un nuovo dato sulla popolazione
dell’isola intorno al II sec. a.C., cioè: 6.018.750.
Come possiamo constatare il risultato è abbastanza vicino a quello
precedente e ben lontano anch’esso dal risultato inopinatamente
fornito dallo studioso prussiano.

Terzo metodo
 
Sappiamo da Pompeo Trogo, attraverso Giustino, che i Cartaginesi
tentarono inutilmente di conquistare la Sardegna in due occasioni.
Prima di noi il Carta Raspi aveva supposto che il primo esercito
mandato in Sardegna, sotto il comando di Mazeus, fosse
composto da 80.000 uomini. Noi abbiamo dedotto sulla base di
pertinenti considerazioni,290 essere la cifra ipotizzata dallo studio-

note
290 In parte riguardanti i tempi di raccolta delle truppe, la severa punizione inflitta
a Mazeus dal Consiglio cartaginese e l’elevata consistenza della parte superstite
dell’esercito sconfitto dai Sardiani. Questo argomento è oggetto di un capitolo
del nostro prossimo lavoro.
pag.182

so sardo molto attendibile e pertanto la facciamo nostra. Mentre
questa dovette essere una guerra lampo, la seconda guerra combattuta
dai Sardiani contro i Punici, guidati nientemeno che da
due generali, ebbe forse una durata di due anni.
Bene, sulla base della precedente disastrosa esperienza, in considerazione
dei lunghi tempi di preparazione, sulla inusuale presenza
di due comandanti alla guida, pertanto, di due eserciti, sulla
improcrastinabile imperialistica esigenza di appropriarsi di un
immenso territorio dalle smisurate risorse alimentari e minerarie,
abbiamo facilmente dedotto che stavolta i Cartaginesi, sia i legislatori,
sia gli amministratori, sia i controllori della spesa pubblica,
dopo aver raccolto smisurate risorse finanziarie, abbiano dato
ampio mandato ai generali, di predisporre una macchina da guerra
sì imponente, di raccogliere una tale quantità di soldati mercenari,
da poter escludere nel modo più categorico, di riportare un’altra
atroce sconfitta in Sardegna.
Per tutte quante queste ragioni, prese una per una, abbiamo inferito
essere i due eserciti cartaginesi, comandati uno da Asdrubale
ed uno da Amilcare, nel secondo attacco alla Sardegna, composti
da non meno di 140.000 soldati.
I Sardiani conoscevano benissimo le spiagge di Cartagine per avervi
soggiornato anche prima della sua fondazione, come ci racconta
la ceramica nuragica ivi rinvenuta, nell’area di Dermech
della stessa Cartagine. Pertanto l’antica frequentazione del mare,
delle spiagge e delle genti ad essa vicini, li avranno messi nella
condizione di poter osservare e sentire, quindi di avere l’esatta
percezione della consistenza numerica dell’esercito avverso, anche
in considerazione della vistosa presenza dell’immenso naviglio
che si stava preparando per il trasporto di truppe, mezzi
d’assalto, animali e derrate. Essi pur consci della propria millenaria
proverbiale preparazione nelle arti militari, pur fiduciosi nella
loro forza per la vittoria conseguita pochi anni prima, certo si dovettero
preparare adeguatamente a combattere una tale esorbitante
e complessa macchina da guerra.
pag.183
 
Uno storico che avesse acquisito le risibili considerazioni degli
autori latini, circa la incapacità dei Sardiani ad eccellere nelle arti
militari, direbbe ora che per poter adeguatamente affrontare
quell’esercito, i Sardiani avrebbero dovuto prepararare a loro volta
un esercito almeno quattro volte più numeroso (anzi otto volte,
se ci rifacessumo ai dati pervenutici da Livio e riportati sulla targa
da Sempronio Gracco). Siccome riteniamo appunto risibili tali
acquisizioni, appare a noi chiaro che i Sardiani, ancorché avessero
uno istintivo orientamento a prendersi gioco di quel popolo imbelle,
che avevano già battuto e rigettato in mare con disarmante
facilità, avessero predisposto un coordinato insieme di progetti,
mezzi e strategie di difesa. Nella definizione di tali strategie la
componente umana ricopriva certo un’importanza saliente. I Sardiani
avranno certo dibattuto sulla consistenza da dare al loro esercito,
di terra e di mare, perché è sicuro che lo scontro iniziale
sia avvenuto tra le flotte. Riteniamo, poiché ragioniamo da Sardi,
che non poche difficoltà avrà avuto la componente più saggia della
magistratura militare a convincere la parte più sicura di sé,
composta dai più ardimentosi balentes, ad acconsentire alla preparazione
di un esercito adeguato. Ci pare pertanto giusto credere
che i Sardiani abbiano preparato un numero di guerrieri di poco
inferiore a quello punico. Reputiamo, pertanto, sia un dato da tenere
in conto, quello che attribuisce all’esercito sardiano un numero
di circa 130.000 guerrieri, perché l’alta componente che faceva
capo ai balentes, si sarà voluta riservare la soddisfazione, di
affrontare l’imbelle nemico, con un esercito numericamente inferiore.
Ora vediamo di riuscire a comprendere la composizione di
detto esercito.
Al di là di tutte le considerazioni di carattere logistico e climatico,
pensiamo che l’area direttamente interessata verso una aggressione
che venisse dal lato punico, fosse certamente quella che gravitava
attorno alla costa meridionale della Sardegna. In essa erano
attestate secondo vari autori, segnatamente il Pais, prima del periodo
romano, le popolazioni Siculenses, Norenses, Sulcitani, alle
quali aggiungiamo i Caralitani. Tali popolazioni abitavano un ter-
pag.184
 
ritorio che partiva dalla foce del Flumendosa e passando per Cuccureddus,
Pani Loriga, e Sirai, arrivava fino alle estreme propaggini
del Sulcis.
Se queste popolazioni hanno fornito un esercito di 130.000 uomini
adulti, oltre i 16-17 anni, atti alle armi, secondo la formula del
Beloch la loro consistenza numerica deve essere stata di circa
585.000 abitanti. Ciò significa che mediamente ciascuna popolazione
assommava 146.250 anime.
Bene, il Pais nel suo Civiltà dei Nuraghi - Sardegna Preromana,
riporta 19 popoli e 42 città indipendenti dai suddetti popoli. Poiché
sarebbe fuori del presente contesto andare a ricercare la reale
consistenza degli abitanti delle città e poiché i 19 popoli non coprono
la totale superficie dell’isola, ci avvaliamo ancora dello
studio compendiato da Raimondo Zucca nella cartina di pag. 306-
7, del suo lavoro ricordato precedentemente.
Infatti pur essendo i populi riferiti all’epoca romana, tuttavia essi
erano abitatori della nostra isola, nella quasi totalità dei casi, da ben
prima che Roma vedesse la luce. Ragione per cui dei 54 rappresentati
nella cartina, prendiamo solo i 50 che riteniamo presenti almeno
dal VI sec. a.C. Ecco come la totale popolazione della Sardegna,
nel VI secolo a.C., si approssimi a 7,3 milioni di Sardiani.

Quarto metodo
 
G. Ugas in una sua recente pubblicazione,291 sulla base di una
stima che tiene presente la ipotesi di 1500 nuraghi (semplici e
complessi) e di altrettanti insediamenti (i quali comprendono almeno
20 unità abitative ciascuno), afferenti esclusivamente al
Bronzo medio, calcola che la popolazione dell’isola si possa aggirare,
in quel momento, intorno ai 200.000 abitanti insediati nei
villaggi e nei nuraghi.292

note
291 G. Ugas -2005- L’alba dei Nuraghi, Fabula, Cagliari, pp. 65-7.
292 Per conto nostro riteniamo che il Nuraghe dovesse essere l’orgoglioso sbocco
socio culturale di un insieme estremamente più ampio e variegato di individui.
pag.185
 
Bene, onde cercare dei dati concreti su cui inserire i parametri rilevati
da questo studioso, andiamo a vedere come si sia comportata
la popolazione della Sardegna nell’unico periodo della sua storia
ove si trovino dei rilevamenti demografici.
Il primo censimento ebbe luogo nel 1483 e si contarono 150.000
abitanti. Consideriamo come ultimo per il nostro conteggio il censimento
del 2001 che dette 1.630.000 abitanti. Ebbene il periodo
in cui vi fu il minore incremento demografico in questo spazio
temporale di otre mezzo millennio, fu registrato fra il primo, già
menzionato, ed il quarto censimento del 1688, che registrò una
popolazione di 247.780 abitanti, in cui si ebbe un aumento di
98.000 individui in circa 200 anni. Ebbene noi prenderemo a
campione proprio questo periodo con il relativo minimo incremento.
L’aumento percentuale della popolazione nel detto periodo
fu del 65%, e noi andremo a calcolare tale incremento minimo,
della ufficiale storia demografica della Sardegna, per ogni 200
anni, a partire dal Bronzo medio, fino ad arrivare alla Sardegna
romana. Pertanto a partire dal 1500 a.C., come indicato
dall’Ugas, in cui egli ragionevolmente ritiene sia presente una
popolazione di 200.000 anime, operiamo ogni 200 anni un incremento
del 65%. Con tale prudente operazione, arriviamo al periodo
romano, segnatamente al 100 a.C., con una popolazione di
6.659.131 sardi.
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