PER L'ARCHEOLOGA I SARDI NAVIGAVANO 8000 ANNI FA, MA NON SAPREBBE DARCENE PROVA

Pochi giorni fa ci siamo imbattuti  nel sito “su scruxoxu”.
In particolare la nostra attenzione è caduta su quanto apparso, sull’area Notizie, in data 21 ottobre 2011, con titolo: Area marina. Ecco gli esiti degli scavi tra Tavolara e Proratora. Archeologia e nuove verità: i Nuragici amavano il mare.
Nella nota, a firma di C. Chisu e presa da Unione Sarda, si indica l’archeologa Paola Mancini, come autrice di «una scoperta eccezionale». E, sono proprio le parole dell’archeologa ad esprimere il risultato del suo lavoro: «A Tavolara abbiamo rinvenuto un insediamento stanziale di genti preistoriche, il sito risale più o meno al 2500 a.C. […]. Inoltre, il sito di Tavolara è l’unico (in Gallura, ndr) che presenta una connotazione così forte, un legame così stretto con il mare: vivevano (chi?, ndr) addirittura in un’isola. Per gli addetti al lavoro (?) non è una sorpresa, noi siamo certi che gli isolani navigassero già nel 6 mila a.C. Ma certo questo tipo di scoperte spero possano contribuire a frantumare tra i cittadini la vecchia concezione dei Sardi isolati e asserragliati al centro dell’isola».
Ora, bisogna dire che, nella circostanza, la signora Mancini abbia disatteso una precisa analisi del sito da ella studiato, in merito alla sua collocazione geomorfologica, nell’ambito temporale cui Ella fa risalire la sua percezione dei Sardi quali navigatori nel  2500 a.C.
Nella circostanza, ci piace dare il nostro contributo alla esatta conoscenza delle aree e quindi dei fatti, connessi strettamente all’universale fenomeno dell’eustatismo. Infatti, oggi l’Isola di Tavolara è separata dalla terraferma da pur brevi tratti di mare della profondità di anche 10 e 15 metri, per una distanza minima di circa 2,7 km. Ma, nel 2500 a.C., essendo il livello del mare al di sotto di quello attuale di circa 7,5 metri, si poteva arrivare all’Isola Piana (posta fra terra ferma e Tavolara) a piedi, avendo nell’ultimo tratto, la testa ancora fuori dall’acqua. Certo, procedendo oltre la appena citata isoletta, era assolutamente necessario servirsi di una sorta di piccolo galleggiante, ma soltanto per 250 metri, perché poi il livello dell’acqua tornava approssimativamente ad un metro e mezzo, fino a raggiungere gradualmente la parte emersa, dell’Isola di Tavolara, dopo gli ultimi m. 700 circa.
Allo stato dei fatti, per come essi risultano da un breve esame, ci pare che affermare, come pretende la archeologa Mancini, che: «questo tipo di scoperte spero possano contribuire a frantumare tra i cittadini la vecchia concezione dei Sardi isolati e asserragliati al centro dell’isola» sia, nella più benevola delle definizioni, davvero paradossale. Infatti, l’espressione dell’archeologa è il risultato tangibile del fatto che essa (e la sua categoria che cogita, pardon, che si produce in infruttuosi copia e incolla, all’interno del suo circolo chiuso, disdegnando un’analisi delle discipline che procedono spedite verso una ragionevole messa in luce del passato) sia lontana anni luce dal credere che i Sardi fossero dediti alla navigazione nel 2500 a.C: il ricorso a questo burlesco espediente, ce ne consegna la prova scientifica, dal momento che essa parla da scienziata.  
In relazione alle distanze che hanno davvero rappresentato tappe fondamentali nella storia della navigazione, vorremmo ricordare come, l’Homo erectus abbia superato prima di 840.000 anni fa, i 20-30 km dell’ancora oggi tempestosissimo stretto fra Bali e Lombok e come prima di 60.000 anni fa, sempre in quelle contrade, l’Homo sapiens  abbia attraversato i 400 km del Mare di Timor, andandosi a conquistare l’altra isola che noi chiamiamo Australia.
L’archeologa, pur sapendo che i Sardi «navigassero già nel 6 mila a.C.», si guarda bene dall’erudirci nello specifico merito, pur rappresentando, esso davvero, il motivo eclatante che avrebbe contribuito «a frantumare tra i cittadini la vecchia concezione dei Sardi isolati e asserragliati al centro dell’isola». Ma, ella tace sulle motivazioni, essendo questa, notizia valida solo per gli addetti ai lavori, pretendendo, invece, che i cittadini si frantumino le idee per un ridicolo salto di mare di circa 250 metri.  Ma, non saremo certo noi a negare l’evidentissima attitudine dei Sardiani (come siamo soliti chiamare gli abitatori della Sardegna, dal Pleistocene medio inferiore fino al 238 a.C.) ad andare pel mare, come si conviene, del resto, a tutti gli abitatori di tutte le isole di tutto l’orbe terraqueo. Anzi, al contrario della signora Mancini, nel 2008 ne demmo una dimostrazione dalla triplice valenza. Tanto è vero che, proprio nel nostro primo libro, ci permettiamo di affermare come, la tradizione classica greca ed i ritrovamenti d’ossidiana nelle grotte della Liguria, unite ad una analisi particolareggiata, della geomorfologia della Sicilia e della Sardegna Paleolitica non molto dopo l’ultimo Massimo Glaciale, testimonino l’antichissima maestria dei Sardiani nell’essere fra i primi padroni della navigazione nel Mediterraneo. Almeno fin dal XV millennio da oggi. Quivi sì, possonsi frantumare vecchie costumanze nozionistiche. Soprattutto, fra gli addetti ai lavori.